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Londra dice addio ai non-dom: l’esodo dei miliardari scuote la City

La riforma laburista abolisce dal 6 aprile 2025 il regime dei residenti non domiciliati, spingendo 16.500 milionari a spostare capitali e re
Scritto da Giuseppe Mauro il . Pubblicato in Notizie.
Primo piano di una carta di credito blu con chip dorato, simbolo dei capitali dei super ‑ricchi in fuga da Londra per la nuova riforma fiscale.

Con la decisione di abolire il regime fiscale per i residenti non domiciliati, il governo laburista di Keir Starmer chiude un capitolo di quasi due secoli della fiscalità britannica. Fino al 6 aprile 2025 chi risiedeva nel Regno Unito pur avendo il domicilio fiscale all’estero poteva non pagare tasse su redditi e plusvalenze generate fuori dai confini, a condizione di non rimpatriarli. Questa clausola aveva reso Londra una calamita per imprenditori, investitori e patrimoni miliardari, ma per i laburisti rappresentava un privilegio ormai inaccettabile.

Il nuovo sistema basato esclusivamente sulla residenza fiscale prevede che chi si trasferisce nel Paese dopo almeno dieci anni di assenza goda di quattro anni di esenzione temporanea sui redditi esteri. Trascorso questo periodo, l’imposizione riguarderà l’intero patrimonio mondiale. Anche l’imposta di successione (Inheritance Tax) si estenderà ai beni globali di chi ha risieduto almeno dieci anni negli ultimi venti e continuerà ad applicarsi fino a dieci anni dopo l’eventuale trasferimento all’estero.

Grattacieli moderni che rappresentano la City e i centri finanziari internazionali, evocando la partenza dei miliardari da Londra verso altri paradisi fiscali.

 

L’annuncio ha avuto ripercussioni immediate. Il rapporto Henley Private Wealth Migration stima che nel 2025 lasceranno il Regno Unito 16.500 milionari, portando con sé circa 66 miliardi di sterline di asset investibili. Non si tratta solo di singoli super ‑ricchi: cresce anche il numero di amministratori d’azienda che decidono di spostare la residenza fiscale. Emirati Arabi, Stati Uniti, Italia e Svizzera figurano tra le mete preferite grazie a regimi fiscali più favorevoli.

Su questa fuga di capitali si confrontano visioni divergenti. Per alcuni osservatori l’esodo eroderà la base imponibile e ridurrà gli investimenti nel Regno Unito; per altri, i numeri sarebbero gonfiati e la riforma è un passo necessario per ridurre le disuguaglianze e chiudere una falla del sistema tributario. La reale portata del cambiamento emergerà solo con il tempo: il rischio è che la promessa di un fisco più equo si traduca in un saldo negativo tra maggior gettito e perdita di attrattività internazionale.