Una giornalista ha venduto la sua voce per addestrare l'IA

Il 19 Gennaio è una data che rimarrà indelebile nella memoria di Chiara Venuto, una giornalista praticante, copywriter e traduttrice freelance, che si è gettata in un mondo affascinante e, a tratti, surreale per Wired Italia.
Venuto si è prestata a un compito peculiare: vendere la sua voce per addestrare un'intelligenza artificiale, un'affascinante incursione nel mondo del machine learning che l'ha catapultata in un vortice di pronunce corrette e "scorrette," podcast proclamati senza un pubblico a udire.
La storia inizia su Upwork, un portale che funge da crocevia per professionisti indipendenti di varie categorie, dall'editoria all'informatica. In mezzo a centinaia di annunci giornalieri legati all'intelligenza artificiale, Venuto trova la sua strada come addestratore per programmi di apprendimento automatico. Il suo background di laureata in Lingue cattura l'attenzione dei reclutatori delle aziende coinvolte nella creazione di software per assistenti vocali basati sull'IA.
Il primo incarico, avuto lo scorso Gennaio, consisteva nella ripetizione di 570 parole o frasi, talvolta scandite lentamente, altre velocemente. L'obiettivo era addestrare un software per veicoli intelligenti. Venuto utilizzava Voicelinku, un'app dedicata alla raccolta di materiale audio per questo scopo. L'azienda coinvolta sembrava collegata a Bokai Jiayin Dubbing, una società di doppiaggio con sede a Chengdu, in Cina.
Le annotazioni ricevute erano a tratti insensate: il modo di parlare di Venuto, ritenuto "poco italiano" a causa di una pronuncia inglese, ha riflettuto la necessità delle macchine di comprendere varietà linguistiche. L'intero processo era un esercizio un po' snervante per una piccola ricompensa di 25 dollari lordi.
L'esperienza successiva si è rivelata ancor più intrigante. Venuto è stata incaricata di registrare otto podcast da 15 minuti, simulando un pubblico inesistente ma con argomenti liberi, quali lavoro, salute e viaggi. L'attenzione si spostava dal cosa diceva al come lo diceva. Un esercizio di stile che ha portato la giornalista a parlare di temi variegati, dalla tragedia di Giovanna Pedretti alla serie Rai "La Storia”.
Tuttavia, Venuto era consapevole del suo ruolo marginale in una catena complessa di sviluppatori, ingegneri informatici e linguisti computazionali. Mentre ha contribuito a progetti dall'alto tasso tecnologico, è rimasta nell'ombra rispetto alle aziende a cui ha affidato la sua voce e i suoi pensieri. L'idea di delegare il "lavoro sporco" a freelancer, chiedendo loro di firmare accordi ambigui sulla cessione dei diritti, solleva interrogativi sulla trasparenza e sulla sicurezza dei dati personali.
La seconda azienda coinvolta ha richiesto a Venuto di firmare un contratto di non divulgazione e privacy, impedendole di rivelare la propria identità e le attività svolte per un intero anno, mentre riserva a loro il diritto di condividere i dati e le registrazioni con terze parti. Un aspetto che solleva questioni etiche e mette in luce la necessità di una maggiore trasparenza nell'era dell'intelligenza artificiale.