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Cittadinanza per discendenza: il governo stringe le maglie sullo ius sanguinis

Cittadinanza solo ai discendenti con legami effettivi con l’Italia.
Scritto da Dora Bortoluzzi il . Pubblicato in Notizie.

Con un pacchetto di interventi normativi, il Consiglio dei Ministri ha approvato una profonda riforma della cittadinanza italiana trasmessa per discendenza (iure sanguinis), introducendo nuovi criteri più restrittivi e un meccanismo centralizzato di gestione delle richieste. Il provvedimento si compone di un decreto-legge (n. 36 del 28 marzo 2025) e di due disegni di legge, pubblicati in Gazzetta Ufficiale.

Il nuovo decreto-legge introduce da subito limitazioni all’acquisizione automatica della cittadinanza per discendenza. Pur mantenendo il principio dello ius sanguinis, il governo stabilisce che la cittadinanza italiana si trasmetterà automaticamente solo per due generazioni. Avranno diritto alla cittadinanza dalla nascita solo coloro che avranno almeno un genitore o un nonno nato in Italia. Per gli altri, la cittadinanza sarà subordinata alla nascita in Italia oppure alla residenza di almeno due anni continuativi in Italia da parte del genitore cittadino, prima della nascita del figlio.

Le nuove norme si applicano solo a chi possiede già un’altra cittadinanza, così da evitare situazioni di apolidia, e valgono anche retroattivamente, a prescindere dalla data di nascita. Tuttavia, restano valide le cittadinanze già riconosciute da tribunali, comuni o consolati. Le richieste documentate e presentate entro le 23:59 del 27 marzo 2025 saranno valutate con le regole precedenti.

Il decreto interviene anche sulla gestione delle controversie legate all’accertamento della cittadinanza e dello stato di apolidia, escludendo il giuramento e la testimonianza come mezzi di prova. Spetta al richiedente dimostrare l’assenza delle condizioni ostative previste dalla legge.

Il primo dei due disegni di legge accompagna il decreto introducendo il concetto di “legame effettivo” con l’Italia come condizione necessaria per acquisire o mantenere la cittadinanza. Il principio, ispirato alla Convenzione europea sulla cittadinanza del 1997, impone che tale legame si manifesti attraverso una “residenza qualificata”, vale a dire almeno due anni continuativi vissuti in Italia.

Chi è nato all’estero da cittadini italiani dovrà registrare l’atto di nascita entro i 25 anni per poter chiedere la cittadinanza. Oltre questo termine, si presume l’assenza di legami effettivi con l’Italia.

Il disegno di legge introduce anche la possibilità di perdere la cittadinanza per desuetudine: chi è nato all’estero, possiede un’altra cittadinanza e non ha mantenuto alcun legame con l’Italia per almeno 25 anni — misurato in base al mancato esercizio di diritti o adempimento di doveri — potrà perdere la cittadinanza italiana.

Il governo intende però anche favorire il rientro dei discendenti degli emigrati italiani. Tra le principali misure:

Il figlio minorenne di genitori cittadini potrà acquisire la cittadinanza se nasce in Italia o se vi risiede per almeno due anni, su dichiarazione dei genitori.
Chi ha perso la cittadinanza potrà riacquistarla con due anni di residenza in Italia.
Chi ha almeno un nonno italiano potrà ottenere la cittadinanza dopo tre anni di residenza in Italia (anziché cinque o dieci anni, richiesti rispettivamente per cittadini UE e non-UE).
I coniugi di cittadini italiani potranno ottenere la naturalizzazione solo se risiedono in Italia.
Infine, viene formalmente riconosciuta la trasmissione della cittadinanza per via materna ai nati dopo il 1° gennaio 1927, purché minorenni al 1° gennaio 1948, chiarendo un aspetto finora controverso.

I procedimenti per il riconoscimento della cittadinanza dovranno concludersi entro 48 mesi.

Il secondo disegno di legge completa la riforma con la revisione dei servizi consolari. In futuro, le richieste di cittadinanza presentate dall’estero non saranno più gestite dai consolati, ma da un ufficio centralizzato presso il Ministero degli Esteri. È previsto un periodo transitorio di circa un anno: nel frattempo, i consolati continueranno a ricevere le domande, ma con un numero limitato di pratiche.

L’obiettivo è ottimizzare tempi e risorse, permettendo ai consolati di concentrarsi sui servizi destinati ai cittadini italiani già riconosciuti. Il provvedimento include anche interventi di modernizzazione per servizi come legalizzazioni, anagrafe, passaporti e carte d’identità valide per l’espatrio, oltre a misure a favore delle imprese italiane all’estero.